Ecco i 5 comportamenti che rivelano una persona emotivamente instabile, secondo la psicologia

Hai mai avuto quella sensazione di camminare sui gusci d’uovo? Ecco i 5 segnali che rivelano l’instabilità emotiva

Tutti noi abbiamo incontrato almeno una volta nella vita quella persona che sembra vivere su un ottovolante emotivo permanente. Un momento è tutto sorrisi e abbracci, quello dopo ti guarda come se avessi appena calpestato il suo gatto preferito. E tu rimani lì, confuso, a chiederti cosa diavolo sia successo nel frattempo. Bene, probabilmente hai avuto a che fare con l’instabilità emotiva, un fenomeno che la psicologia ha studiato approfonditamente e che è molto più comune di quanto pensiamo.

Non stiamo parlando di essere semplicemente “un po’ lunatici” o di avere “giorni no”. L’instabilità emotiva è un pattern comportamentale complesso che gli esperti chiamano disregolazione emotiva: praticamente l’incapacità di gestire le proprie emozioni in modo equilibrato. È come avere un termostato emotivo completamente impazzito che passa dal freddo polare al caldo torrido senza mezze misure.

La ricerca scientifica ha identificato alcuni segnali ricorrenti che possono aiutarci a riconoscere quando abbiamo di fronte una persona emotivamente instabile. Attenzione però: non stiamo facendo diagnosi mediche qui, ma semplicemente imparando a decifrare alcuni pattern comportamentali che possono salvaguardare il nostro benessere nelle relazioni.

L’umore cambia più velocemente di una canzone di TikTok

Il primo segnale lampante è la velocità supersonica dei cambiamenti d’umore. Non parliamo di essere tristi dopo una brutta giornata o felici per una promozione. Qui siamo nel territorio delle oscillazioni emotive che seguono una logica tutta loro, spesso completamente sproporzionate rispetto a quello che è successo.

Facciamo un esempio concreto: state guardando Netflix tranquillamente sul divano quando il vostro partner vi chiede se preferite la pizza o il sushi per cena. Voi rispondete “come vuoi tu” e BAM! Improvvisamente siete degli insensibili che non si interessano mai alle sue preferenze, che non lo amate abbastanza e che probabilmente state pensando alla vostra ex. Tutto questo in meno di trenta secondi.

Gli studi di neuroimaging condotti dal team di Silbersweig hanno dimostrato che nelle persone con instabilità emotiva, le aree del cervello responsabili della regolazione emotiva faticano a comunicare con quelle che elaborano le emozioni. È come se il centro di controllo emotivo fosse costantemente fuori servizio, lasciando le emozioni libere di scorrazzare senza supervisione.

Questi cambiamenti possono durare minuti, ore o addirittura giorni, creando un’atmosfera di costante imprevedibilità. Chi sta intorno a queste persone spesso sviluppa una sorta di “ansia da prestazione emotiva”, mai sicuro di quale sarà la reazione successiva.

Agiscono prima di pensare (e poi si pentono amaramente)

Il secondo comportamento rivelatore è l’impulsività cronica. Non stiamo parlando di decisioni spontanee occasionali che possono anche essere divertenti, ma di un pattern costante dove l’azione precede sempre la riflessione. È come se avessero un pulsante “pausa” rotto nel cervello.

Questa impulsività può manifestarsi in modi diversi: spese folli che mandano in rosso il conto corrente, dimissioni clamorose dopo un commento del capo, messaggi di rottura spediti alle tre di notte che al mattino vorrebbero poter cancellare. Ma anche comportamenti più sottili come interrompere costantemente le conversazioni o cambiare completamente argomento senza preavviso.

Secondo gli studi pubblicati su Clinical Psychology Review, l’impulsività in questi contesti funziona spesso come una strategia di fuga dall’intensità emotiva. È paradossale, ma agire d’impulso può dare un senso temporaneo di controllo quando le emozioni sembrano un uragano. È come se la persona dicesse al proprio cervello: “Se non riesco a controllare quello che sento, almeno controllo quello che faccio”.

Il problema è che questa strategia è come mettere un cerotto su una diga che perde: funziona per un attimo, ma poi il danno è spesso peggiore del problema originale. Le conseguenze di queste azioni impulsive alimentano ulteriormente l’instabilità emotiva, creando un circolo vizioso devastante.

Le loro relazioni sono più drammatiche di Beautiful

Il terzo segnale riguarda le relazioni interpersonali che sembrano una soap opera. Le persone emotivamente instabili spesso vivono i rapporti umani come un campo di battaglia emotivo, con alleanze che si formano e si dissolvono nel giro di una settimana, drammi ricorrenti e una generale difficoltà a mantenere legami stabili.

Quello che rende queste relazioni particolarmente estenuanti è il fenomeno dell’idealizzazione seguita da svalutazione, che in psicologia viene chiamato “splitting”. All’inizio, potreste essere messi su un piedistallo altissimo: siete perfetti, insostituibili, la persona che stavano aspettando da una vita. Poi, al primo segnale di “imperfezione” – che può essere banale come dimenticare di chiamare o esprimere un’opinione diversa – scatta la svalutazione totale.

Questo non è cattiveria o manipolazione consapevole. Secondo gli studi sull’attaccamento di Fonagy e colleghi, è spesso il risultato di modelli relazionali disfunzionali sviluppati nell’infanzia, dove le figure di riferimento erano emotivamente imprevedibili. La persona ha imparato a vedere nelle relazioni una fonte sia di salvezza che di potenziale tradimento.

Chi si trova in queste dinamiche spesso descrive la sensazione di “camminare sui gusci d’uovo”, mai sicuro di cosa potrebbe scatenare la prossima tempesta emotiva. È una situazione che logora profondamente tutti i coinvolti.

La loro autostima fa più su e giù di un ascensore impazzito

Il quarto comportamento caratteristico è un’autopercezione che cambia più velocemente del meteo. Non si tratta della normale variabilità dell’autostima che sperimentiamo tutti, ma di oscillazioni drammatiche che vanno dal sentirsi dei geni incompresi al percepirsi come i falliti più grandi del pianeta, spesso nell’arco della stessa giornata.

Un momento si sentono sicuri delle proprie capacità, magari dopo un complimento o un piccolo successo. Poche ore dopo, un commento neutro o persino un’occhiata interpretata male possono scatenare una crisi di autostima che li fa sentire completamente inadeguati. È come se mancasse un nucleo stabile di identità, sostituito da un’immagine di sé che fluttua come una bandiera al vento.

Questo fenomeno è documentato nel DSM-5 come “disturbo dell’identità” ed è particolarmente evidente nel modo in cui queste persone reagiscono ai feedback esterni. Una critica costruttiva viene percepita come un attacco personale devastante, mentre i complimenti, pur essendo momentaneamente gratificanti, scivolano via senza lasciare traccia nella percezione di lungo termine di sé.

È un po’ come avere un serbatoio dell’autostima bucato: non importa quanto carburante positivo ci metti, si svuota sempre rapidamente, lasciando la persona in riserva emotiva costante.

Si autodistruggono quando le cose vanno troppo bene

Il quinto e forse più sconcertante segnale sono i comportamenti autodistruttivi. Quando le emozioni diventano troppo intense da gestire, alcune persone ricorrono ad azioni che, consapevolmente o meno, sabotano il proprio benessere. Non parliamo necessariamente di comportamenti estremi, ma di una vasta gamma di azioni che minano sistematicamente le proprie opportunità.

Può manifestarsi come il sabotaggio di una relazione che sta andando bene proprio quando si sta approfondendo, la distruzione di opportunità lavorative promettenti, l’isolamento sociale sistematico, o anche pattern più sottili come la procrastinazione cronica che impedisce di raggiungere obiettivi importanti.

Secondo gli studi di Klonsky pubblicati su Clinical Psychology Review, questi comportamenti servono spesso come strategia di regolazione emotiva disfunzionale. Il dolore “controllato” e prevedibile diventa paradossalmente più gestibile del caos emotivo interno. È come se la persona preferisse un dolore che può anticipare e controllare piuttosto che l’imprevedibilità delle proprie emozioni.

Uno degli aspetti più frustranti per chi sta intorno a queste persone è vedere come si sabotino proprio quando le cose iniziano ad andare bene. È come se non riuscissero a tollerare la stabilità o la felicità, trovandole più minacciose del conflitto.

Ma perché succede tutto questo?

La ricerca psicologica ha identificato diversi fattori che contribuiscono all’instabilità emotiva. I traumi precoci giocano spesso un ruolo significativo: esperienze di abbandono, abuso, negligenza o anche semplicemente un ambiente familiare emotivamente caotico possono compromettere lo sviluppo di capacità di regolazione emotiva sane.

Gli studi di Bowen e colleghi pubblicati su Borderline Personality Disorder and Emotion Dysregulation confermano che questi eventi precoci possono alterare il modo in cui il cervello elabora e gestisce le emozioni, creando una sorta di “ipervigilanza emotiva” che persiste anche in età adulta.

Non meno importante è il fattore genetico. Alcune caratteristiche di personalità, come l’elevato nevroticismo, sembrano avere una componente ereditaria secondo gli studi pubblicati sul Journal of Personality and Social Psychology. Tuttavia, è importante sottolineare che la genetica non è destino: crea vulnerabilità, non condanne.

Anche eventi stressanti significativi possono temporaneamente destabilizzare il sistema emotivo di chiunque. La perdita del lavoro, la fine di una relazione importante, problemi di salute o persino cambiamenti positivi ma stressanti possono scatenare episodi di instabilità emotiva anche in persone normalmente equilibrate.

Come sopravvivere (e aiutare) senza perdere la sanità mentale

Se riconoscete questi comportamenti in qualcuno che vi sta a cuore, è importante ricordare che l’instabilità emotiva non è una condanna a vita. È piuttosto un segnale che il sistema emotivo di quella persona ha bisogno di supporto professionale.

La terapia dialettico-comportamentale sviluppata da Marsha Linehan ha dimostrato grande efficacia nel trattamento dell’instabilità emotiva. Questa terapia insegna strategie concrete per gestire le emozioni intense, migliorare le relazioni e ridurre i comportamenti autodistruttivi. Gli studi pubblicati sulla Cochrane Review confermano che questo approccio può fare una differenza significativa.

Per chi vive accanto a persone emotivamente instabili, mantenere confini emotivi sani è fondamentale. Questo non significa essere freddi o abbandonare la persona, ma riconoscere che non potete “salvarla” e che il vostro benessere emotivo è altrettanto importante.

Alcune strategie pratiche possono rivelarsi molto utili in queste situazioni:

  • Non personalizzare i loro scoppi emotivi
  • Evitare di camminare sui gusci d’uovo modificando costantemente il proprio comportamento
  • Cercare supporto per sé stessi quando necessario
  • Ricordare che l’empatia non richiede di sacrificare la propria stabilità emotiva

Le tecniche di mindfulness e meditazione, sostenute da studi pubblicati su Acta Psychiatrica Scandinavica, possono aiutare sia chi vive l’instabilità emotiva sia chi gli sta accanto a sviluppare una maggiore consapevolezza emotiva e strategie di coping più sane.

La luce in fondo al tunnel emotivo

L’aspetto più importante da ricordare è che l’instabilità emotiva rappresenta un segnale di sofferenza, non un difetto di carattere. Le persone che mostrano questi comportamenti non sono “cattive” o “tossiche” per natura: stanno semplicemente usando strategie apprese per gestire un dolore emotivo che può essere devastante.

Con il giusto supporto professionale, pazienza e impegno personale, è possibile sviluppare strategie di regolazione emotiva più sane. Molte persone che hanno vissuto questi pattern riescono a costruire relazioni stabili e soddisfacenti e a trovare un equilibrio emotivo più duraturo.

La chiave è riconoscere che questi comportamenti sono modificabili. Non sono tratti fissi della personalità, ma pattern appresi che possono essere sostituiti con strategie più funzionali. Con comprensione, supporto adeguato e gli strumenti giusti, anche l’ottovolante emotivo più turbolento può trovare la sua stabilità.

Se vi riconoscete in alcuni di questi comportamenti, non c’è niente di cui vergognarsi. Chiedere aiuto è un segno di forza, non di debolezza. E se conoscete qualcuno che vive questa situazione, ricordate che la vostra comprensione e i vostri confini sani possono fare la differenza nel suo percorso verso una maggiore stabilità emotiva.

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